La direttiva sulle Case Green arriva al traguardo, con il via libera dagli Stati membri Ue. I ministri europei dell’Economia e delle finanze riuniti al Consiglio Ue Ecofin, infatti, hanno confermato l’accordo raggiunto con l’Eurocamera a dicembre sulle nuove norme per rendere il parco immobiliare dell’Unione a emissioni zero entro il 2050. Italia e Ungheria hanno votato contro l’intesa, mentre Repubblica Ceca, Croazia, Polonia, Slovacchia e Svezia si sono astenute
Cosa prevede la direttiva
La direttiva case green prevede la riduzione del 16% del consumo energetico e della produzione di gas a effetto serra entro il 2030 e del 20-23% entro il 2035. C’è anche un’altra scadenza prevista: lo stop alla produzione e vendita delle caldaie alimentate a combustibile fossile dal 2040. L’obiettivo è arrivare a un “parco immobiliare” a emissioni zero entro il 2050. L’Italia dovrà recepire la direttiva stilando un proprio piano nazionale e ci sarà la possibilità di stabilire delle deroghe, per esempio per gli edifici storici. In linea generale, però, è già possibile individuare gli interventi che le famiglie dovranno effettuare (e, in mancanza di incentivi, sostenere economicamente) per migliorare la classe energetica della propria casa.
Cinque milioni di edifici da sistemare in Italia
La direttiva europea porterà alla riqualificazione “in pochi anni di oltre 500mila edifici pubblici e circa 5 milioni di edifici privati con le prestazioni più scadenti, ognuno dei quali composto da una o più unità immobiliari. Senza contare le nuove costruzioni”. È la stima della Fillea Cgil.
Le classi energetiche da adeguare
Con il 55% della riduzione dei consumi energetici che dovrà essere ottenuto tramite la ristrutturazione degli edifici con le prestazioni inferiori, entro il 2030 – ha calcolato sempre il sindacato degli edili – “le ristrutturazioni dovranno coinvolgere il 15% degli immobili in classe F e G e, entro il 2033, il 26% degli edifici di classe energetica più bassa: G. Cioè il 43% degli immobili meno efficienti dovrà essere riqualificato”.
Gli edifici nuovi
Secondo la direttiva, tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero a partire dal 2030; i nuovi edifici occupati o posseduti da autorità pubbliche dovrebbero essere a emissioni zero a partire dal 2028. Nel calcolare le emissioni, gli Stati membri dovranno tenere conto del potenziale di riscaldamento globale del ciclo di vita di un edificio, compresi la produzione e lo smaltimento dei prodotti da costruzione utilizzati per edificarlo.
Come conoscere la classe energetica della propria casa
Dal 2013, per le operazioni immobiliari, è necessario avere la certificazione Ape (Attestato di prestazione energetica). Quindi case costruite (o vendute) a partire dal 2013 hanno questo certificato. Per chi non ce l’ha e lo deve certificare occorre rivolgersi a operatori/professionisti specializzati.
Le classi energetiche
Le classi energetiche delle case vanno dalla A+ alla G e sono legate al livello dei consumi:
A+per un consumo di 15 kWh/anno per metro quadro
A tra i 15 e i 30 kWh/anno per metro quadro
B31-50 kWh/anno per metro quadro
C51-70 kWh/anno per metro quadro
D71-90 kWh/anno per metro quadro
E91-120 kWh/anno per metro quadro
F121-160 kWh/anno per metro quadro
Goltre i 160 kWh/anno per metro quadro
Gli interventi da effettuare
Ci sono una serie di interventi da effettuare che possono far migliorare la classe energetica dei propri edifici. In primis occorre appurare la classe energetica alla quale appartiene la propria abitazione e poi verificare quali interventi si possono effettuare per migliorarne la classificazione.
Impianti solari
L’installazione di un impianto alimentato da fonti rinnovabili come il fotovoltaico o il solare termico può portare a significativi risparmi energetici e miglioramenti nella classe energetica dell’edificio. Oltre a ridurre le emissioni di Co2, questi impianti possono contribuire a ridurre i costi energetici a lungo termine, rendendo l’abitazione più sostenibile e autonoma dal punto di vista energetico. Secondo Codacons, per un impianto fotovoltaico da 3 kilowatt la spesa da sostenere è di circa 7.500-10.500 euro, a seconda del tipo di pannelli fotovoltaici utilizzati.
Cappotto termico
Il cappotto termico, sia interno che esterno, è un intervento fondamentale per migliorare l’efficienza energetica di un edificio. Accompagnato dalla sostituzione degli infissi e, se necessario, da interventi sull’impianto, il cappotto termico aiuta a ridurre le dispersioni di calore e a mantenere una temperatura interna più stabile, riducendo così la necessità di riscaldamento o raffreddamento. Il costo? Tra 180 e 400 euro al metro quadrato.
Pompe di calore
Le pompe di calore rappresentano una soluzione green per la produzione di calore e acqua calda sanitaria. Utilizzando fonti rinnovabili come l’aria, l’acqua o il suolo, le pompe di calore consentono di ridurre l’impatto ambientale e ottenere un notevole miglioramento della classe energetica dell’abitazione. Questi sistemi offrono un’elevata efficienza energetica e contribuiscono a ridurre i consumi di energia non rinnovabile. Per l’acquisto e l’installazione di una pompa di calore il costo oscilla tra i 6mila e i 16mila euro a seconda dell’impianto scelto, mentre per una nuova caldaia a condensazione, considerata una abitazione da 100 metri quadrati, la spesa va dai 3mila agli 8mila euro.
Sostituzione degli infissi
La sostituzione degli infissi con materiali isolanti e ad alta efficienza energetica è un altro intervento chiave per migliorare la classe energetica di un edificio. Riducendo le perdite di calore attraverso porte e finestre, è possibile aumentare il comfort abitativo e ridurre i consumi energetici, contribuendo così a una maggiore sostenibilità ambientale. La spesa per gli infissi, sempre secondo Codacons, varia in media da 10 a 15mila euro. Naturalmente dipende dal numero di finestre che l’abitazione ha.
I costi: da 35mila euro in su
Difficile stimare, secondo gli addetti ai lavori, i costi da sostenere per efficientare la propria casa. Dipende dagli spazi, dagli interventi che vengono fatti e dalla facilità o meno con cui realizzarli (un appartamento in palazzo storico, per esempio, presenta maggiori difficoltà e costi rispetto ad uno realizzato in tempi perlomeno relativamente recenti). Secondo alcune stime, per un appartamento di 100 metri quadrati situato in un condominio anni Ottanta si spendono circa 60mila euro per passare dalla classe G alla D. Ma il costo può lievitare se si sostituiscono gli infissi o se vengono installate le caldaie di ultima generazione, che costano circa il doppio di quelle a gas, per le quali da gennaio 2025 non si potrà più usufruire dei bonus fiscali. Secondo Codacons, gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici comportano un costo medio compreso tra i 35mila e i 60mila euro ad abitazione, e solo per la sostituzione della caldaia con un modello di nuova generazione la spesa può arrivare in Italia a 16mila euro.
Le sanzioni
Il primo testo della direttiva prevedeva sanzioni e divieto di affitto e vendita per le case che non si adeguano, ma già in sede di revisione, il 15 dicembre, il divieto di affitto/vendita degli immobili a scarso rendimento energetico è stato tolto.
Per quanto riguarda le sanzione su legge che solo “gli Stati membri stabiliscono le norme relative alle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in attuazione della presente direttiva e adottano tutte le misure necessarie per assicurarne l’attuazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive”.
I tempi
Tradotto: sarà ogni singolo stato a stabilire (eventuali) multe e sanzioni per chi non si adegua. Il via libera definitivo dagli Stati membri chiude l’iter tormentato di una direttiva – proposta dalla Commissione a fine 2021 – che fin da subito ha alimentato un’aspra polemica in Italia, soprattutto per l’assenza di finanziamenti da parte Ue e per gli standard minimi di prestazione energetica. La direttiva sarà ora pubblicata in Gazzetta Ufficiale ed entrerà in vigore venti giorni dopo. I Ventisette avranno poi due anni di tempo per adeguarsi, un arco di tempo in cui tutte le capitali, compresa Roma, dovranno presentare all’Ue un piano nazionale di ristrutturazione, ovvero una tabella di marcia per indicare la via che intendono seguire per centrare gli obiettivi.
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