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Guidonia: Gestire un’agenzia di animazione, la bella storia di Sarin Santini

  • Tivoli Guidonia City
  • 16 apr
  • Tempo di lettura: 6 min





Dalla gestione del Carnevale di Guidonia a una serie di eventi che coinvolgono tutti


di Luisa Tollo


Dopo aver discusso con la sua titolare Sarin ha deciso di mettersi in proprio creando la Sarin Animazione. Partendo dall’intrattenere i bambini al parco pubblico è arrivato a gestire eventi come il Carnevale di Guidonia. La sua storia lavorativa e altre curiosità vengono raccontate in questa intervista.

Quando hai iniziato a fare l’animatore? Come è nata l’idea di creare l’agenzia?

“Ho iniziato a fare l’animatore a diciassette anni nel tempo che avevo libero dalla scuola. Quando facevo le feste ero bravo e lo vedevo: lavoravo tutti i fine settimana, le persone richiedevano la mia presenza, mi divertivo e facevo divertire. A ventun anni mi sono messo in proprio perché ebbi una discussione con la mia titolare del tempo e me ne andai. La discussione che ci fu per me fu un colpo al cuore, poi pensai che dopo quattro anni nel settore fosse impossibile non trovare qualcuno che mi ingaggiasse, per cui andavo al parco di Bagni di Tivoli ad allenarmi come giocoliere o a fare uno spettacolo di magia: facevo pratica, offrivo intrattenimento gratuito e alla fine dello spettacolo davo il mio bigliettino da visita. Da lì non ho mai smesso di lavorare e si è costruita una realtà in cui facevo molte serate. Questa cosa crebbe talmente tanto che decisi di lasciare l’università e fare questo di professione, anche se non sapevo se effettivamente ci sarei riuscito, ma sapevo che riuscivo a guadagnare uno stipendio e che mi piaceva profondamente. Intorno ai ventidue anni lasciai l’università e pensai che se avessi voluto fare questo lavoro avrei dovuto imparare a fare più cose possibili per essere più versatile e arrivare ogni volta alla fine del mese. Quindi, partendo dalle feste per bambini, ho imparato a fare il giocoliere, il mago, ho fatto corsi di dizione e doppiaggio per presentare e parlare al microfono sentendomi più sicuro, ho imparato a fare il dj e ho fatto corsi di ballo per animare alle feste. Complessivamente avevo formato una figura che mi permetteva di lavorare in modo dinamico e di avere sempre un lavoro. Ad un certo punto avevo un esubero di richieste, per cui ho iniziato a guardarmi intorno per vedere se ci fosse qualcuno disposto a lavorare con me. Inizialmente mi appoggiavo a dei miei colleghi di Roma e Guidonia e successivamente iniziai a formare dei ragazzi. Nel 2019 iniziai a pensare di creare un’agenzia. Dopo il Covid ricominciò a squillare il telefono, mentre io ero a Milano per lavoro, per cui chiamai a Guidonia due ragazzi che lavoravano con me per parlare con loro se portare avanti il progetto di Sarin Animazione o se chiuderlo. Loro decisero di ripartire e da lì abbiamo ricomposto i pezzi che erano rimasti.  Il primo anno e mezzo è stato molto impegnativo ma poi sono arrivati i miei due attuali collaboratori che mi aiutano con la gestione dell’agenzia e con cui ho il progetto di far diventare Sarin Animazione un franchising”.

Come hai imparato a fare il mago?

“Lavorando con la vecchia agenzia di animazione un giorno vidi un mago ad una festa di cinque anni, io ne avevo diciotto, e rimasi scioccato dalle magie che faceva. Non avevo mai visto un mago e lui fece una serie di magie ad un palmo dal mio naso che mi stupirono. Le magie costavano, non c’erano particolari corsi, però lì in agenzia c’erano altri ragazzi che erano appassionati, quindi iniziammo con la giocoleria, che era uno strumento che mi permetteva di attirare l’attenzione dei bambini se la situazione era più difficile del normale durante le feste di compleanno. Dopo aver iniziato come giocoliere iniziai a fare piccoli spettacoli di magia. Dopo un po’, però, divenne frustrante perché lo spettacolo era più o meno uguale per tutte le feste e quando mi capitava di incontrare gli stessi bambini loro riconoscevano i trucchi e non mi gratificava perché andavo lì per stupire, animare e divertire. Per cui feci il primo investimento di 300 euro per costruire il mio primo kit da mago. Poi vinsi un bando della Regione Lazio e frequentai un anno di scuola di circo al Teatro Tendrastrisce a Roma. Quell’esperienza mi ha dato tanto perché ho imparato alcuni dettagli sul lato dell’interazione che mi hanno permesso di creare uno spettacolo da prestigiatore e da giocoliere. Crescendo ho deciso di fare solo il mago per una questione di versatilità e di piacere.”

Di quali tipi di eventi vi occupate con la Sarin Animazione?

“Ci occupiamo di eventi grandi, come è stato il Carnevale di Guidonia, del supporto ai locali, le feste di compleanno dei bambini, le feste di diciotto anni, eventi aziendali e matrimoni. Abbiamo un’offerta molto ampia, forse anche troppo rispetto a quello che cerca il mercato. In base alla mia esperienza e in base a quello che credo io oggi il mercato cerca delle competenze più verticali. Per questo motivo stiamo pensando di dividere la parte bambini e diciottesimi dalla parte eventi creando un’altra parte dell’agenzia.”

Come è nato il nome dell’agenzia?

“Negli anni ho pensato che forse non sia stato geniale chiamare l’agenzia utilizzando il mio nome perché accentro troppo l’attenzione su di me e molte persone mi richiedono per le feste. Essendo che ho questo nome particolare molte persone credono sia un nome d’arte e ho pensato che la sua particolarità e la sua unicità potessero aiutarmi a non essere confuso, copiato o imitato con altre realtà. Sarin nel bene o nel male è Sarin, quindi non puoi sbagliarti. Ho scelto questo nome per presentarmi come animatore per le feste e poi ho scelto di mantenerlo per il nome dell’agenzia.”

Secondo te quali sono i pro e i contro del suo lavoro?

“Io vedo un sacco di pro ma perché ho scelto questo lavoro da sempre, praticamente. Oggi posso lavorare in autonomia, ho potuto scegliere i miei collaboratori, lavoriamo in contesti sempre allegri, le persone ci aspettano a braccia aperte per divertirsi, possiamo supportare iniziative legate a bambini meno fortunati o altre situazioni (…): è un lavoro che, secondo me, permette di avere un impatto positivo e duraturo sulla vita delle persone perché contribuiamo a creare dei bei ricordi e a rendere più belli determinati momenti (…). Il brutto riguarda la parte burocratica e la gestione amministrativa. Oltre questo non trovo niente. È un piacere stare in mezzo ai ragazzi. Posso dargli il primo imprinting con il mondo del lavoro e c’è una freschezza continua. Ho costruito un gruppo di lavoro perché voglio un confronto costante e mi avvalgo molto delle loro idee e del confronto con tutto lo staff. Secondo me la chiave per avere successo è qui”.

In base alla tua esperienza, quali sono i pro e i contro di lavorare con tante persone giovani?

“Lavorare con delle persone giovani ha un sacco di pro e altrettanti contro. Sono giovani e hanno tanta grinta e tanta energia ma approcciano al lavoro in una determinata maniera, che in buona parte va anche bene per chi fa l’animatore, ma ci sono dei dettagli, delle piccolezze che gli vanno insegnate. Bisogna indirizzarli perché generalmente questo è il primo lavoro che fanno e, quindi, hanno un approccio al mondo del lavoro super divertente, super stimolante, e dobbiamo un po’ formarli sulla parte specifica, ad esempio come parlare al microfono, come ballare, come intrattenere un pubblico, ad essere puntuali, ad essere precisi, a parlare in italiano quando vanno dal clienti. Vanno attenzionati rispetto a queste cose qui”.

C’è un messaggio che vorresti lasciare ai lettori?

“Vorrei che rimanesse impresso il mio modo di approcciare: io penso che non sia tanto quello che si fa ma come lo si fa e in quale modo ci si relaziona ad un obiettivo che si vuole raggiungere. La frase che può racchiudere quello che cerco di fare, e che ho anche detto prima, è di lasciare un ampio, positivo e duraturo impatto sulle persone e sul mondo. Ogni passo che ho fatto è stato rallentato o arrestato dalla paura di sbagliare, di fare qualche errore a livello fiscale o burocratico, ma il dare un impatto alle persone mi ha aiutato e mi ha dato una spinta a fare bene quello che faccio. Bisogna pensare di andare dritti all’obiettivo, affrontando le proprie paure, e pensando che, come va, va. In ogni caso ci hai provato ed è stata un’esperienza”.




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