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Tivoli: Lo scrittore Marco Proietti Mancini presenterà il 9 luglio il suo nuovo libro




di Claudia Crocchianti -


Lo scrittore Marco Proietti Mancini venerdì il 9 luglio presenterà a Tivoli il suo libro “La luce degli istanti felici”, alle ore 18.30 nella splendida cornice della Rocca Pia all’interno dell’evento organizzato da Daniela Yaya Di Camillo del Laboratorio del Possibile, da sempre impegnata per la realizzazione di eventi sempre così speciali e del grande lavoro che svolgono soprattutto sul sociale.

Come è nata l’idea di scrivere questo libro?

La verità? Non è nato da un’idea, né da un’ispirazione del momento, derivante da qualche situazione in particolare. Scrivere questo romanzo è stato un atto naturale, in continuità con i tre che l’hanno preceduto. I tre che componevano la trilogia della “famiglia Properzi” dal 1915 al 1950 (“Da parte di Padre” “Gli anni belli” “Il coraggio delle madri”) e che adesso sono stati completati da questo quarto capitolo che arriva fino al 1961. Mi verrebbe da dire che scrivere questo romanzo è stato inevitabile, come continuare a vivere – insieme ai protagonisti – una vita parallela. Tra il terzo e questo ho scritto due romanzi che parlavano di altro, uno dei due l’ho pubblicato, ho scritto un’infinità di racconti, per antologie collettive e per pubblicare una mia raccolta. Ma Benedetto Properzi e sua moglie Elena e tutto il resto del gruppo erano lì e spingevano, premevano per uscire. Come peraltro stanno continuando a fare anche adesso, come se mi chiedessero di continuare a parlare di loro. Ecco. Il libro non è nato da un’idea, da un’ispirazione. E’ nato da loro. L’unica concessione che mi hanno fatto, che mi sono preso, è stato ancora una volta scrivere un romanzo “collegato” eppure perfettamente autonomo, che si può leggere – com’era stato per i primi tre – senza dover per forza conoscere tutta la storia e senza essere obbligati a rispettare la sequenza temporale.

Cosa rappresenta la felicità per te?

La felicità per me è un’istantanea (non a caso il titolo parla di “istanti felici”); dura come il tempo del flash di una macchinetta fotografica, però anche quando il flash si spegne tu continui a rimanere abbagliato ancora per parecchio tempo. Perché ne sei rimasto accecato, riempito. Quanti sono questi istanti, nella vita di una persona? Bisogna imparare a riconoscerli, a distinguerli da altre cose della vita, piacevoli, gradevoli, che “assomigliano” alla felicità, ma la felicità è un’altra cosa ed è inspiegabile ed irrazionale. E’ un’orgasmo che va oltre il piacere del corpo, è indimenticabile. In qualche modo, è indispensabile, perché serve ad alimentare l’attesa dell’istante di felicità successivo.

Un periodo difficile quello che stiamo vivendo. La scrittura, i libri ti hanno salvato?

Quelli da leggere e rileggere, certamente. Mi sono riletto tutti i Simenon della mia libreria (e sono tanti, fidatevi, Maigret e non Maigret), Piero Chiara, grandissimo autore colpevolmente trascurato dagli editori che l’hanno mandato fuori catalogo, Guareschi, Rex Stout e Maurizio de Giovanni e poi i libri degli autori “nuovi”, degli amici e non solo. Ho passato un periodo in cui non sopportavo più la televisione e sì, in quel periodo i libri mi hanno tenuto a galla, aiutandomi a ricordare che c’è altro, oltre le mascherine e la reclusione e i divieti.

Anche scrivere, mi ha aiutato. Ho terminato un romanzo, un esperimento nuovo, scritto interamente in prima persona femminile. I libri, la ciambella di salvataggio per l’anima. Almeno per quelli come me che non possiedono il dono della Fede.

Un filo conduttore con gli altri tuoi romanzi?

Oltre ai contenuti veri e propri delle vicende della vita dei protagonisti, il vero filo conduttore, nelle mie intenzioni, è la mia ossessione; quella di raccontare la storia di un paese, città e nazione, attraverso la narrazione della vita di individui del popolo, gente “normale”, come chiunque altro. Le persone che sui libri di storia appaiono solo come numero, quanti morti per una battaglia, quanti nati in un certo anno, ma questi morti, questi nati, chi sono, chi erano? Qual’era la loro vita, cosa facevano nella loro quotidianità? Quali erano i loro sogni, le speranze e anche le paure? La vita di ogni persona merita un romanzo, basta saperlo scrivere. O almeno, provarci. E se ci si riesce, arriva la mail di un lettore che ti dice “sembra che tu abbia raccontato la vita di mio padre, nonno, fratello, la mia”. Allora e solo allora ho la prova di essere riuscito a fare quello che volevo veramente, oltre qualsiasi capacità letteraria.

Progetti futuri?

Tanti, forse troppi. Poco progettati, molto sognati. Ma va bene così, quando sarà in pensione, allora dovrò per forza dargli la forma di progetti, per dare ai sogni un senso compiuto, per riempire le mie giornate di scadenze e programmi. Intanto ho due altri romanzi terminati – dell’altro filone, quello non storico – ho preso la direzione editoriale di una collana antologica per il Marchio Editoriale “Roma per Sempre” di Edizioni della Sera. Insomma, di carne al fuoco ce n’è quanta basta per saziarmi – spero – per i prossimi anni.

Ti mancano le presentazioni in pubblico?

Moltissimo. Sono confronto, condivisione, emozione ed adrenalina. Sono un impegno che carica, scarica e sazia. L’errore di chi le critica è considerarle “promozione” o peggio ancora un’occasione di vendita di copie. Non hanno quella funzione, non servono a quello scopo. Facciamoci a capire, se sei un autore che vende centomila e passa copie, che appare in televisione, che scrive sceneggiature, anche se vendi duecento copie in una singola presentazione, cosa ti cambia? Hai bisogno di promozione? No. Quelle duecento copie, ti cambiano la dichiarazione dei redditi? No. Se viceversa sei – come me – un autore che quando va bene si trova in sala cinquanta persone, ma è successo anche di trovarsene di fronte tre o in un paio di casi zero, che promozione è? Chi viene, nel novanta per cento dei casi, ti conosce già, se sei “fortunato” si porta un amico che non ti conosce. Se anche vendi trenta copie, alla tua dichiarazione dei redditi, cosa cambiano? Lo stesso che per il grande autore. Nulla.

Quindi?

Quindi le presentazioni si fanno per altro, per le cose che ho scritto sopra, ma anche per autocompiacimento, per gratificazione personale, per incontrare persone che altrimenti rimangono virtuali, un indirizzo mail un contatto Facebook. Ecco perché si fanno le presentazioni, ecco perché mi mancano e non vedo l’ora di ricominciare a farne.





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